L’arte di navigare sullo schermo è un esercizio patafisico. È un po’ come ballare di architettura, come ci ricorda Frank. Si può fare, ma sospendendo l’incredulità e calandosi nei sogni digitali, là dove l’acqua non ti bagna, né il vento ti asciuga, ma avendoli vissuti, SAI che ti bagnerai in quell’acqua e ti asciugherai in quel vento che, come nell’oceano sotterraneo solcato dalla zattera del professor Lidenbrock con Axel e Hans, sta dentro alla tua memoria. Viaggiare è un fatto mentale, non è mettere un piede davanti all’altro.
Non si può essere turisti per caso, i luoghi del viaggio sono ricordi. Quel sole, quel vento, quel profumo, quel suono.
La vita, senza il playbak della memoria è come la giostra del criceto: pura insensatezza. Ma so che in molti l’apprezzano.
Ed ecco che ho deciso di far emergere dall’oceano della memoria il mio Monte Analogo, creato dalla mia Circe, Mexi, Che con trucchi di magia scientifica, scenotecniche e mnemotecniche, ha materializzato un piccolo porto, abitato da me, e da chi come me non si pone il problema del bagno senza bagnarsi.
Sorge in un cyberspazio, sorta di delirio consensuale che i niubbi, animule vagule blandule, si ostinano a chiamare col nome che gli umani danno alla terra behind the screen, Second Life.
Qui vogliamo sperimentare l’arte della navigazione sullo schermo. Prenderemo il vento e ci sposteremo nel vasto Mare di Blacke, popolato da innumerevoli isole, atolli, arcipelaghi, emerse dall’oceano da altrettante memorie formalizzate in sogni concreti, come ben sa Valerian, girando per la Cité des mille planètes, che quasi ci rimise la pelle.
Studieremo scafi, ne apprezzeremo la robustezza immateriale, o ne denigreremo le inesistenti debolezze. Cambieremo e costruiremo le pelli che danno loro forma, per creare nuove livree, e nuovi colori. Costituiremo un grande catalogo della vela sintetica, dove si potrà decidere su che legno prendere il mare, e un portolano, per dare ai naviganti una guida nel loro girovagare.
Per completare l’opera, ho dato un nome alla terra, e un’altro all’impresa: senza nome non si esiste. NEW NEMO MARINA, é il nome che ho dato al porto, e riprende quello sprofondato come Atlantide nell’oceano digitale qualche settimana fa (gli Elfi Calvi, che ne erano gli effettivi proprietari ai quali pagavo l’affitto, han mollato il colpo), e SARAH ANN SAILING è quello del club velico che si ispira all’omonima cripto isola, Sarah Ann Island, scoperta nel 1858 e mai più vista, situata appena a nord dell’equatore, a circa 175 gradi ovest.
Una ricerca per localizzarla nel 1932 da parte di astronomi tedeschi non ebbe successo. Nel 1937, la United States Pacific Fleet tentò di raggiungere l’isola, con l’intenzione di stabilirvi un osservatorio per l’eclissi solare dell’8 giugno 1937, ma anche questa non ebbe successo. L’isola, scoperta 79 anni prima, non si trovava più da nessuna parte. Sarah Ann fu rimossa dalle carte navali.
Un nome che non è nessuno e un’isola che non si fa trovare. Quale modo migliore per iniziare un’avventura in un mondo immateriale?
Per chi sa leggere il vento e il volo dei gabbiani mi troverà a Borge/161/216/22
English Version
(This text has been translated from Italian to English by Q translate, If you do not understand what I wrote, you know who is to blame.)
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